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Le tecnologie per registrare i dati biometrici delle persone nello spazio pubblico sono saldamente al centro del dibattito sul diritto alla privacy — in una società in cui i dati sono impiegati per implementare servizi, ma anche la sicurezza e il controllo.
Crescono allora i designer-attivisti impegnati a sviluppare accessori o capi di vestiario per ingannare i programmi di riconoscimento facciale. Speciali maschere trasparenti, stoffe pixellate o con motivi digital camouflage: confondere la propria immagine digitale è strumento per proteggere la libertà personale.
Torino si presenta al pubblico internazionale come primo e unico comune in Italia a concedere la residenza a chiunque acquisti o si costruisca una casa e si impegni poi a vivere in città. Un’iniziativa di radicale disruption delle attuali politiche, per rendere più incisiva l’attrazione di nuovi abitanti e capitali.
Torino si propone come prima città al mondo a mettere a disposizione una vasta area del centro per un piano di riforestazione a fini della compensazione ambientale — soluzione per rendere economicamente più sostenibile un’azione di ecologia. Sul terreno sarà possibile piantare alberi e così acquisire crediti da vendere sul mercato del carbon offsetting (dove le realtà interessate a compensare il proprio impatto acquistano quote di CO2 “catturate” da altri). L’impegno da parte della città è rinunciare a usi futuri dell’area.
Dopo l’incidente di Valentino e Valentina, la città non ha più un servizio di navigazione sul fiume. Ecco perché la città vuole di nuovo offrire la gestione della linea di navigazione sul Po, dai Murazzi al parco delle Vallere, con finalità di trasporto, turismo e intrattenimento (bateaux mouches, boat party, ristorazione, ecc).
In cambio, l’amministrazione richiede all’operatore privato di garantire i fondi necessari per l’estensione del servizio della metropolitana fino all’una di notte e a partire dalle 5 di mattina tutti i giorni.
Torino si impegna per attirare in città il quartier generale europeo di UN Habitat, l’agenzia delle Nazioni Unite che studia l’evoluzione urbana a livello globale. Avere sul proprio territorio una grande organizzazione internazionale dedicata agli urban studies permetterebbe di riaffermare il posizionamento di Torino come laboratorio in un settore di interesse molto attuale. La città mette in campo tutti gli strumenti di lobbying a propria disposizione, tra cui l’offerta di una struttura del proprio portfolio immobiliare attualmente da recuperare, come l’ex Istituto Buon Pastore di corso Principe Eugenio.
Le Corbusier ha detto che Torino era la città con la migliore posizione geografica al mondo. Eppure non esiste un’architettura moderna da cui ammirare il paesaggio incantevole che colpisce ogni turista. Per questo Torino vende una porzione della collina per costruire un observation deck da cui ammirare il panorama. La piattaforma, immersa nel verde, in armonia con la natura, fa da padiglione per esposizioni d’arte e ospita varie attività diurne e serali: caffetteria, ristorante, laboratori didattici per bambini e ragazzi sulle forme della città, coworking con vista — tutte ragioni per vivere maggiormente la ricchezza geografica della collina.
La città offre la possibilità di costruire un luogo di sport e aggregazione lungo il fiume: una piattaforma water-responsive con piscine e altre strutture capaci di adattarsi ai livelli del fiume, legate da un sistema di moli e passerelle. È il punto di ritrovo sul Po che oggi manca, pensato sul modello di Helsinki e tante altre città, con un bar-ristorante e spazi con funzioni diverse. Può sembrare una novità, ma proprio ai Murazzi, già nell’Ottocento, una piscina galleggiante allietava le estati dei torinesi. Il nuovo riverside potrebbe diventare il punto di maggiore attrazione turistica della città.
La città di Torino offre a sviluppatori immobiliari e a singoli privati la possibilità di costruire case su lotti di medie dimensioni (max 500 mq), senza doversi attenere al regolamento comunale, ai vincoli del piano urbanistico e del parere della Sovrintendenza. Unico obbligo: progettare e costruire seguendo standard ecologici e prestazioni energetiche di classe superiore e non andare oltre i tre piani fuori terra. Location prescelta per l’operazione è l’ex Scalo Vanchiglia, un’area vicina al centro della città e tuttora senza un vero destino. Un modello di “libertà edilizia” per dare impulso a un quartiere di edifici residenziali sperimentali e tutti diversi fra loro, un po’ come il quartiere di Borneo ad Amsterdam o la cittadina di Almere.
La città cerca un prestigioso brand sportivo a cui cedere la gestione del parco Colletta, in cambio di un ambizioso restyling e di un’accurata manutenzione ordinaria. L’obiettivo dell’affidamento a privati è trasformare il parco in un punto di attrazione a livello nazionale e europeo, con diverse strutture sportive all’avanguardia per allenamenti e giochi di squadra, e un progetto del paesaggio di concezione contemporanea. Diventerebbe un caso studio di parco pubblico gestito da un ente privato, sul modello della Central Park Conservancy a New York o della Biblioteca degli Alberi di Milano.
Il Comune cerca un operatore privato a cui cedere Palazzo Civico tramite una concessione di 99 anni, in cambio della rigenerazione di sette edifici, uno per ognuna delle circoscrizioni della città (centro escluso). In questo modo, il sindaco e il consiglio comunale si possono insediare a rotazione in queste nuove sedi distribuite sul territorio. Un’occasione di sviluppo per i vari quartieri e una prova concreta per attuare una Torino davvero policentrica, non solo a parole, ma con i fatti.
La città cerca partner per la conversione di un ex sito industriale in un polo dedicato alla produzione alimentare sostenibile. La creazione di un centro di coltura —spazio di post-industrial farming con orti sperimentali, serre basate su tecniche innovative e spazi aperti ai cittadini— promuove un modello di approvvigionamento locale apportando un forte valore ambientale, culturale ed economico.
Il meraviglioso Palazzo del Lavoro è uno dei luoghi di Torino da recuperare il prima possibile. In questa visione distopica, la “rovina” della magnifica architettura di Pier Luigi Nervi —tra le più celebri e ardite del XX secolo— lancia un monito sugli effetti del cambiamento climatico. In un paesaggio
desertificato, gli spettacolari funghi/ombrelli di cemento armato diventano palme artificiali di un’oasi post-industriale.
L’involucro è eliminato: l’edificio si trasforma in un’unica tettoia gigante, una vasta area ombreggiata in cui il microclima umido favorisce l’emersione della falda acquifera e il proliferare della vegetazione.
Idea di: Roberto Albano
Progetto di: Bodà Architetti
Nella visione di una Torino stratosferica, l’acqua ricorre molto spesso. In questo caso, una proposta radicale: un paesaggio acquatico a Torino Nord per “sturare” l’immaginazione.
Le piogge torrenziali, quasi monsoniche, figlie dell’emergenza climatica ispirano una zona balneare con tratti orientali, in cui isole verdi si combinano a case galleggianti, una piccola e nuova Downtown Marina che incarna il sogno di una spiaggia sabbiosa. Il ponte sulla Stura diventa un sottopasso e buona parte delle strade intorno vengono interrate per non disturbare la serenità indotta dall’acqua. Una fantasia di urbanistica idraulica per dimostrare il valore vitale e creativo dell’acqua in città.
Idea di: Andrea Griva
Progetto di: Lior Shlomo + Davide Bardini
Foto di: Michele D’Ottavio
Il grande impianto siderurgico a nord di Duisburg, centro della Ruhr, si è trasformato dopo la dismissione degli anni ’80 in Landschaftspark, ovvero un “parco del paesaggio” di nuova concezione, dove natura, sport e cultura convivono tra le maestose strutture industriali. Anche in questa visione, il verde entra dentro la fabbrica, con una piazza d’acqua là dove nel 2007 il fuoco aveva provocato una tragedia. La ferita urbana della ThyssenKrupp diventa un memoriale da percorrere, un luogo da vivere per non dimenticare le vittime sul lavoro, aprendo alla città un’area dal forte potenziale simbolico.
Idea di: Giuseppe Dell’Aquila
Progetto di: Negozio Blu + Arch. Francesco Piscazzi
Foto di: Michele D’Ottavio
Fra i luoghi che vorremmo vedere rinascere c’è anche Torino Esposizioni. Magari virando al verde.
Nella visione lo spazio mantiene la sua vocazione fieristica e mette in mostra un nuovo modello agricolo: una macchina per prodotti ortofrutticoli si integra alla maglia verticale che Ettore Sottsass (senior) aveva immaginato per la facciata.
La struttura, replicabile all’infinito, riprende la logica industriale. Logistica, produzione e vendita si uniscono in una teatrale stazione metropolitana green, alternativa a quelle sotterranee e ispirata ad altri elementi dell’immaginario di Torino come Parco Dora e Italia ’61.
Idea di: Davide Gomba
Progetto di: 2Mix*archistudio
Foto di: Michele D’Ottavio
Si sa, Torino non è più città grigia. Ma meglio ribadirlo. Nel parco nobile entra in scena un monumento-performance: una sfera di metallo alta 10 metri, senza fondazioni, che chiunque può muovere come su una pista (da corsa? delle biglie? di collaudo?), metafora della continua messa in moto necessaria alla città. Con senso del paradosso, un’idea “contro il grigiore industriale” celebra il ruolo del design, dell’imprenditoria e del sapere operaio (viva i battilastra). All’interno del globo, una Lancia Stratos, modello disegnato da Marcello Gandini per Bertone: un monumento Stratos-sferico.
Idea di: Ilenia Notarangelo
Progetto di: MOTOElastico
Foto di: Michele D’Ottavio
Il Saint-Martin a Parigi, il Regent’s Canal a Londra, quelli di Zurigo o quelli da cartolina di Amsterdam e Venezia. Tutti sappiamo quanto fascino e potenzialità abbiano i canali in città: punti di ritrovo, risorsa ambientale, luoghi per lo sport.
Dove creare il nostro canale? Un piccolo collegamento taglia gli isolati di Vanchiglietta, trasformando piazza Chiaves in una piccola baia porticciolo. Il quartiere è di fatto già una penisola racchiusa tra le anse del Po e del Dora. Il canale regala una nuova ragione di attrazione a questa parte “fluviale” della città.
Idea di: Luca Rocca
Progetto di: +Studio Architetti
Foto di: Michele D’Ottavio
Stupendo il Parco Dora. Ma provate a prendere un caffè. Finalmente il centro della trasformazione di Spina 3 si dota di un bar: una speciale licenza per uno spazio aperto e accogliente, in sinergia con il verde, di cui si dovrebbe prendere cura. Un motivo in più per frequentare un luogo vivace e più inaspettato di quanto crediamo. Lo conosciamo come spazio dedicato allo sport, come dancefloor a cielo aperto e come luogo di preghiera per la comunità musulmana. Arricchire il parco con una semplice funzione aiuterebbe a farlo apprezzare anche da nuovi gruppi di cittadini.
Idea di: Ilaria Reposo
Progetto di: Studio Ellisse Architetti
Foto di: Michele D’Ottavio
Privare gli skater di un ritrovo fisso non era la soluzione giusta. La struttura traslucida si eleva sopra le statue, con un cubo espositivo su tre piani — libera evoluzione della proposta originale: il cubo trasparente creato a Bolzano dall’artista Alberto Garutti, come piccola sede distaccata del museo d’arte Museion. Alle spalle di Palazzo Madama nasce così il MA’AM, Museo per le Arti Metropolitane, che celebra le culture metropolitane nel punto d’incontro di diverse tribù urbane. Torino è città dell’arte contemporanea. Ma è tempo di mettere la sperimentazione al centro del villaggio.
Idea di: Matteo Mottin
Progetto di: GAASM (Giaquinto Architetti Associa + Subhash Mukerjee)
Foto di: Michele D’Ottavio
Alla città dei quattro fiumi si aggiunge un canale. Il nuovo corso d’acqua, una Blue-Green Belt di prima cintura, borda i confini ovest di Torino e alimenta un sistema di laghetti tra campi da calcio e di mais.
Si potrebbe sperimentare l’itticoltura per filiere del cibo più corte. Potrebbe essere l’habitat ideale per specie animali e fungere da bacino idrico per le cascine, oppure ospitare strutture ricettive temporanee: villaggi galleggianti per attrarre visitatori in un’area oggi trascurata.
Se nel piano regolatore del ’95 corso Marche diventava un “corridoio plurimodale” con treni e tangenziale sotto terra, Torino Stratosferica aggiunge il trasporto via remi.
Idea di: Giuseppe Dell’Aquila
Progetto di: Fabio Vignolo
Foto di: Michele D’Ottavio
Il panorama è la forma più democratica di bellezza. Alle divisioni sociali all’interno della città corrisponde la disposizione verticale degli spazi all’interno degli edifici. Nel tempo, terrazze e balconi ai piani alti sono diventati sempre più richiesti ed esclusivi.
Torino Stratosferica rivendica il diritto al panorama come bene comune, attraverso il progetto di aprire le terrazze a un uso pubblico e condiviso.
Idea di: Michele D’Ottavio
Progetto di: Tra
In una città a pianta ostinatamente ortogonale, gli incroci costituiscono un elemento costante del paesaggio urbano. Sono punti di incontro e di scambio, che il traffico automobilistico ha trasformato in semplici punti di attraversamento e svolta, regolati da semafori e segnali stradali.
Tra le visioni di Torino Stratosferica c’è la chiusura di 100 incroci al traffico, per aprirli alla vita delle persone e restituire a questi crocevia la loro potenzialità di spazi pubblici e di ibridazione sociale.
Idea di: Alessandro Cimenti
Progetto di: Sceg Architects
Passare accanto all’edificio capolavoro di Pier Luigi Nervi, da tempo senza funzioni, suscita sempre un po’ di tristezza. Sul futuro di Palazzo del Lavoro si è parlato molto, Torino Stratosferica entra a suo modo nella riflessione con la proposta delle prime terme in un padiglione fieristico. Rilassarsi in acqua, sotto i sontuosi pilastri ad ombrello: un’esperienza senza pari per il benessere dei frequentatori e di tutta la città.
Idea di: Alessandra Aires
Progetto di: Studio Doppio
L’immigrazione è parte profonda della personalità di Torino: 450mila nuovi abitanti dal ’51 al ’71, 130mila residenti stranieri nel 2018. Eppure manca un luogo, rivolto a cittadini e turisti, dedicato a questa ricchezza sociale e culturale. L’idea di una casa-museo, che racconti la storia dell’immigrazione in città nei suoi veri luoghi, si ispira al Tenement Museum nel Lower East Side di Manhattan, un vecchio stabile che mostra la vita
delle famiglie che lo abitavano in passato.
Idea di: Edoardo Bergamin
Progetto di: FWstudio
Guardando i tetti di certi palazzi, vengono in mente gli scivoli d’acqua. Non sarebbe fantastico avere il primo acquapark urbano? Il luogo ideale per immaginarlo è il quartiere semi vuoto di via Plava, nella striscia a sud degli impianti a Mirafiori, in cui una riduzione della densità e l’inserimento di
una funzione inaspettata sarebbero oggi realmente utili.
Un quartiere popolare con piscine e parco acquatico aperti alla città e ai turisti: sembrerebbe quasi una follia. Ma non tanto diversa dal costruire una pista da sci sul tetto di un termovalorizzatore, come hanno fatto a Copenaghen…
Idea di: Edoardo Bergamin e Subhash Mukerjee
Progetto di: Subhash Mukerjee con Matteo Dragone, Roberto Gallo
Fra gli scenari per lo stabilimento Thyssenkrupp, un polo di ricerca dedicato alla sicurezza sul lavoro forse sarebbe la risposta più opportuna per non dimenticare il rogo del 2007. In attesa di sviluppi a lungo termine, il progetto propone azioni per l’immediato: riaprire, bonificare il suolo attraverso la vegetazione, connettersi al parco via passerella, ipotizzare mostre e attività sul tema. Così il monolite, esteso quanto 24 isolati del centro, potrebbe riattivarsi come laboratorio di riflessione e cura urbana.
Idea di: Eugenio Dragoni
Progetto di: BDR Bureau
Se è vero che la qualità degli spazi influenza fortemente il benessere di chi li vive, non c’è luogo a cui dedicare maggiore attenzione che le strutture sanitarie. Qui il futuro polo della salute si apre al quartiere anche come spazio di incontro. Non solo parte integrante di una città (reinventata), ma un luogo di comunità in cui il bisogno di cure personali può accompagnarsi al valore delle relazioni interpersonali.
Idea di: Anita Donna Bianco
Progetto di: Follow The Architect
Moltiplicare le ragioni per visitare la collina e i modi per riappropriarsene collettivamente. Le opportunità sono tante: piattaforme panoramiche, coworking e spazi di creatività, installazioni artistiche, coltivazioni. E nuovi collegamenti rapidi, innovativi e, perché no?, più avventurosi: dalla teleferica per Villa Gualino, fino a una zip-line sul Po.
Per Torino Stratosferica reclamare la collina significa soprattutto sprivatizzarla, creare nuovi spazi aperti a tutti, liberare le sue risorse per tornare a viverla ogni giorno.
Idea di: Luca Ballarini
Progetto di: Frlan+Jansen
L’area di Torino Sud è ricca di potenzialità, che trasporti più rapidi ed efficienti permetterebbero di esprimere al meglio.
Una cabinovia lungo via Onorato Vigliani e corso Settembrini potrebbe creare un collegamento comodo e suggestivo tra le due zone ai lati di corso Unione Sovietica: Piazza Bengasi, prossimo capolinea della metro, e il polo universitario della Cittadella del Design e della Mobilità, oggi ancora poco accessibile attraverso il trasporto pubblico.
Con una vista panoramica sulla collina di Moncalieri e l’imponente area industriale di Mirafiori.
Idea di: Tecla Zaia
Progetto di: Emanuele Zaniboni, Enrico Giurbino, Gianluca Basile, Luca Viscardi
Pochissimi sanno che Laura Archera, seconda moglie di Aldous Huxley, era torinese. Musa ispiratrice negli ultimi anni di vita dello scrittore, ne condivise le sperimentazioni di droghe psichedeliche. Fu lei che il 22 novembre del 1963, gli fece un’ultima iniezione di Lsd e accompagnò il suo trapasso con la lettura del Libro tibetano dei morti.
Nella Torino Stratosferica non può mancare un monumento in onore della coppia Huxley. Un coraggioso invito ad aprire le porte delle percezione, nel salotto buono della città.
Idea di: Luca Ballarini
Progetto di: Lamatilde
A meno di un’ora dai monti, a un’ora e mezza dal mare, la città deve presentarsi come luogo ideale per chi ama l’attività all’aperto.
A Torino Stratosferica, la vocazione outdoor si esprime al massimo anche all’interno della città: le possibilità si moltiplicano all’infinito grazie a nuovi spazi verdi intelligenti, luoghi di gioco, di svago e allenamento, arredo urbano innovativo. La rete digitale connette tutto questo, per un tessuto metropolitano in continuo movimento.
Idea di: Enrico Sala
Progetto di: Carlo Ratti Associati
E se l’Alta Velocità puntasse verso Sud? Se l’Hyperloop non sembra più fantascienza, anche raggiungere il mare in pochi minuti diventa possibile.
Una tratta rapida Torino-Savona aiuterebbe a dare vita al famoso progetto del “Limonte” (l’unione strategica e politica di Liguria e Piemonte) e cambierebbe il nostro rapporto con la Riviera ligure: dal centro città saremmo in spiaggia nello stesso tempo in cui ora arriviamo a Moncalieri.
Torino con il mare in pausa pranzo, o all’aperitivo. Taaaac!
Idea di: Roberto Spallacci
Progetto di: Unduo Laboratorio di Architettura
Un campo da golf in una vecchia fabbrica: una delle proposte di Torino Stratosferica ipotizza un intervento (temporaneo?) di riconversione fuori dagli schemi. Gli spazi aperti delle Officine Grandi Motori a sud di via Cuneo potrebbero ospitare le buche del primo club per golfisti amanti dell’archeologia industriale, creando un nuovo polo di attrazione per il quartiere Aurora.
Idea di: Andrea Quarello
Progetto di: Goodfor
“Superga è la posizione più incantevole del mondo”, ha detto il grande Le Corbusier. La città meriterebbe allora un punto di osservazione all’altezza: una piattaforma da cui ammirare la città circondata dall’arco alpino, magari una struttura di architettura contemporanea — quella che oggi manca in collina.
Torino Stratosferica nasce per valorizzare la bellezza geografica del luogo, ragione autentica di meraviglia e spiritualità urbana.
Idea di: Luca Ballarini
Progetto di: Civico13
Un tempo sulle colline di Torino c’erano le vigne. Oggi la collina, per la maggior parte dei cittadini e dei turisti, rimane uno sfondo incantevole ma praticamente inaccessibile. Un buon modo di riconnettere la vita urbana alla collina è riaprirla alla coltivazione del vino, imparare dalle Langhe. La collina è scomoda, ma ogni volta che arriviamo in cima ne riscopriamo la bellezza.
Idea di: Alessandro Ottenga
Progetto di: LeapFactory
A problemi radicali, soluzioni radicali. Classifiche alla mano, Torino è sempre fra le città più inquinate in Italia e in Europa: colpa dei nostri comportamenti, e di una posizione chiusa fra le montagne e la collina. Allora bucare le Alpi, perché finalmente la corrente spazzi via l’inquinamento, e installare grandi ventilatori.
È una provocazione. Nell’impossibilità di soluzioni miracolose, è davvero il caso che la città e i cittadini si impegnino a ridurre lo smog. E in fretta.
Idea di: Giangavino Pazzola
Progetto di: IF
Torino città dell’arte contemporanea. Per i musei e le fiere, per il circuito delle gallerie private, ma anche e sempre di più per l’arte pubblica.
Torino Stratosferica si immagina come la città delle installazioni abitabili, dove le opere sono altrettante occasioni di incontro, luoghi per residenze di artisti, oggetti da vivere e con cui interagire.
Idea di: Eugenio Dragoni
Progetto di: Labdia
La ruota panoramica è ormai un must per ogni grande città turistica. Anche in questo caso, la proposta torinese mantiene un suo stile distintivo, alternativo alle soluzioni mainstream. Collocata idealmente all’altezza del Parco Michelotti, la ruota potrebbe collegare la città con i due elementi caratteristici del suo paesaggio naturale: i fiumi, immergendosi nell’acqua del Po, e la collina, verso cui protendersi per godere di rigeneranti
viste panoramiche e boccate di aria fresca.
Idea di: Anita Donna Bianco
Progetto di: Nicola Russo & Roberto Pagnano
La passione dei torinesi per lo sport e le attività all’aria aperta ha il potere di trasformare il modo in cui vivere la città. Si tratta di esercitare lo sguardo a vedere in ogni angolo la possibilità per un nuovo utilizzo.
Così i fiumi possono diventare una splendida cornice per l’arrampicata, utilizzando come pareti le mura e le arcate dei ponti storici che li attraversano in più punti.
Idea di: Alessandro Bevilacqua
Progetto di: FattoreQ
La nostra Torino Stratosferica si basa su un rapporto simbiotico tra verde diffuso, innovazione tecnologica e bisogni sociali. Attorno alla città si trovano periferie coltivate dai cittadini per l’autoconsumo e lo scambio, attraverso sistemi di orti urbani privati e di comunità. Nei suoi cieli fluttuano “alberi aerostatici” che misurano i livelli di inquinamento e contribuiscono a contenere le emissioni di CO2.
Idea di: Nicolò Taglia
Progetto di: R3 Architetti
Se la Gran Madre, costruita fuori scala, viene tolta dalla sua piazza per permetterci di vedere bene la collina e regalarci una piazza sul fiume, dove la mettiamo?
Giocando tra due fuori-scala imbarazzanti nel loro contesto, la provocazione lanciata da Torino Stratosferica è “trapiantare” la chiesa della Gran Madre di fianco al mega impianto di Iren al fondo di corso Regina Margherita, dove finalmente sembrerà piccolina, anziché mastodontica e sproporzionata.
Idea di: Michele Cafarelli
Progetto di: MG2 Architetture
Si narra che la Gran Madre sia stata eretta dai Savoia senza permesso — bisognava fare in fretta, non c’era il tempo di ottenerlo, si andò in deroga: insomma, un abuso edilizio, poi sanato. Pare anche che, in fase di costruzione, la scala dei disegni sia stata male interpretata e la chiesa sia quindi uscita più grande del previsto. Non è allora così assurdo immaginare di abbatterla, per due motivi. Primo: riguadagnare la vista della splendida collina e di Villa della Regina. Secondo: sfruttare il vuoto e il dolce declivio per costruire una piazza verde pedonale dal design contemporaneo, un elegante riflesso di Piazza Vittorio dall’altro lato del fiume, che creerebbe una passeggiata continua dal centro della città attraverso Borgo Po fino alla Villa della Regina e oltre.
Idea di: Giuseppe Dell’Aquila
Progetto di: Lsb Architetti Associati
Ce lo ricorda ogni turista in arrivo: quello tra Torino e le Alpi è un legame unico, che Torino Stratosferica vuole rivendicare e valorizzare. Torino è “la migliore città alpina d’Europa”.
Al centro del Piemonte, la città incarna in modo esemplare l’etimologia e lo spirito di questa regione circondata dalle montagne. Che si tratti di un punto panoramico in collina o del balcone di casa, ogni affaccio offre la possibilità di ammirare lo skyline alpino, giocando a riconoscere vette e vallate — e programmando la prossima sciata o escursione, a pochi passi dalla metropoli.
Idea di: Luca Ballarini
Progetto di: Studioata
In trent’anni di storia recente, i Murazzi sono diventati il simbolo della scena underground della città. Dopo la chiusura delle celebri arcate sul Po, molti torinesi si sono sentiti defraudati di un luogo che contribuiva a definire l’identità culturale di Torino.
Ecco perché durante i brainstorming di Torino Stratosferica molti hanno accolto con entusiasmo la proposta di creare i “Dorazzi”, per rivivere sulle sponde della Dora lo spirito che ha animato memorabili notti torinesi.
Con semplici banchine e terrazze lungo il fiume, vicino ai nuovi quartieri di tendenza, Torino riscopre il suo lato più cool: quello fluviale, crepuscolare, sperimentale.
Idea di: Stefano di Polito
Progetto di: PlaC
Parigi si è impegnata a rendere balneabile la Senna entro il 2024, anno delle sue prossime Olimpiadi. Torino non può fare lo stesso con i suoi fiumi?
Torino Stratosferica desidera una nuova vita per i suoi corsi d’acqua — tutti e quattro. Bonificare il Po è un investimento non così stratosferico ma anzi facilmente raggiungibile, e porterebbe tutta la città a vivere un rapporto più intenso con l’acqua e i lungofiumi.
Se immaginare un ritorno ai lidi che esistevano fino agli anni ’50-’60 sembra troppo, ci accontentiamo di una piscina galleggiante immersa nel fiume.
Idea di: Enrico Sola
Progetto di: Blaarchitettura
Il clima è cambiato. Gli effetti del mutamento —dalle piogge sempre più violente all’innalzamento del livello del mare— ci costringono a pensare come convivere con l’acqua. In un agglomerato urbano sommerso, come un’Atlantide sottovetro, gli abbaini si affacciano su paesaggi marini, trasporti sotterranei sfruttano la forza dell’acqua e i monumenti vengono custoditi in enormi teche.
Idea di: Luca Ballarini
Progetto di: Archisbang
Ai limiti della città esiste un piccolo aeroporto privato, di cui pochi sono a conoscenza e pochissimi privilegiati usano. Un grande spazio verde che, come nel caso dell’aeroporto di Tempelhof a Berlino, potrebbe essere destinato almeno in parte a un parco attrezzato per lo sport e le attività ricreative.
Una rete di connessioni ciclopedonali unisce il paesaggio al lungofiume, per un nuovo punto verde — potenzialmente il più divertente di tutta la città metropolitana.
Idea di: Davide Canavesio
Progetto di: Picco Architetti
Si incontrano in tante città all’estero: aree residenziali con case dall’architettura più sperimentale. Non potrebbe essere il futuro di Scalo Vanchiglia o spazi simili?
Torino Stratosferica sostiene la diversificazione dell’offerta abitativa. Avere zone suddivise in piccoli lotti, dove costruire edifici su misura e con standard elevati di sostenibilità ambientale, arricchirebbe il tessuto urbano e darebbe un’alternativa a chi cerca uno stile diverso di abitare.
Idea di: Andrea Veglia
Progetto di: PAT.
Tra le prospettive più estreme di Torino Stratosferica, anche la creazione di uno spazio di urban wilderness: un’area da abbandonare a sé stessa, circondata da mura che non consentano l’accesso a nessuno. Sarebbe un osservatorio sul decadimento urbano unico nel suo genere, capace di attirare curiosi e appassionati, oltre che il più grande monumento alla forza della natura.
Idea di: Andrea Quarello
Progetto di: F:L Architetti
Ha senso la “città verticale”? Se sì, come progettarla? L’idea di costruire dodici grattacieli alti 250 metri eretti a semicerchio intorno alla Mole, come una grande meridiana metropolitana contemporanea, è forse la visione più potente e provocatoria partorita durante le sessioni di Torino Stratosferica.
Quando, come stunt pubblicitario, l’associazione ha diffuso la notizia dell’approvazione del progetto e alcuni siti hanno pubblicato questa fake news, si è subito generata una valanga di commenti — segno di un rapporto controverso tra la città e i grattacieli.
Un progetto spettacolare, altamente scenografico (sarebbe visibile anche dalla Luna!), che ci fa riflettere sul rapporto fra la città futura e lo sviluppo in verticale.
Idea di: Carlo Boccazzi Varotto
Progetto di: Raimondo Guidacci
Fuga dalle città, turismo alternativo, segnali dal mercato. La campagna italiana come territorio per leggere il futuro trend anti-urbano.
Da tempo i borghi italiani si sforzano di trovare strategie per ripopolarsi. Dalle case a 1 euro, vendute in cambio della loro ristrutturazione. Fino alle esperienze di ospitalità e rigenerazione come Wonder Grottole, in un comune della Basilicata che ha invitato persone da tutto il mondo a vivere per qualche mese nel suo centro storico (280.000 le candidature ricevute per 5 posti).
Oggi l’orizzonte sembra capovolto. Nel dibattito sono emersi i city quitters, il Guggenheim di New York ha proposto la mostra Countryside, The Future (curata da Rem Koolhaas e Samir Bantal), e anche urbaniti insospettabili hanno chiamato al ritorno ai borghi. Nel mercato italiano post-lockdown, la domanda di case di campagna si è rilanciata. Forse quell’euro per una casa diroccata è diventato l’euro meglio investito?
Private members’ clubs for people in creative industries open upscale, cosy locations in the heart of cities, revisiting old-club facilities with contemporary taste.
Il passaggio dal possesso all’accesso è una delle letture assodate sull’età che viviamo. Il fatto che l’istinto alla proprietà venga meno non equivale però a un livellamento delle esperienze. Luoghi per il tempo libero e il relax, spazi di coworking, ma anche cinema, palestre e locali notturni: nelle città si consolidano modelli di fruizione basati sulla selezione all’ingresso.
Da Londra a New York, da Parigi fino a Roma e Milano la tradizione centenaria del club privato si rinnova rivolgendosi agli esponenti, quelli con i maggiori mezzi economici, della classe creati. Alcune clubhouse offrono eventi speciali per i membri, altre trattamenti bellezza e stanze. Tutte descrivono ambienti esclusivi per il networking, piccole gated community riconcepite in stile contemporaneo.
Prevedere il successo di un’attività dall’indirizzo si può. La mappatura dei dati sta già determinando le scelte di investimento, e promette di farlo ancora di più.
Big Data e Intelligenza Artificiale hanno reso sorprendenti le capacità predittive. Sia a livello di dettagli quantitativi, misurati e geolocalizzati in modo sempre più preciso. Sia a livello qualitativo, capaci di sentire un quartiere anche nei suoi elementi socio-culturali.
La mappatura dei flussi di dati prende nuove funzioni: non solo stimare l’impatto del Covid-19 a New York in base allo ZIP Code, ma anche ricostruire la nascita di un nuovo sound a partire dall’identità di un quartiere, o raccontare lo stile di vita delle diverse aree in base agli ingredienti preferiti della pizza. Informazioni apparentemente banali che diventano determinanti per decidere investimenti immobiliari e imprenditoriali.
Rivers, lakes and the sea are still at the core of urban imagination and design, from waterfronts to long-term projects on environmental quality.
Il richiamo dell’acqua continua a crescere. L’interesse non sta nella novità —le città sono città d’acqua per fondazione— ma nella prolificità della sua presenza.
Le nuove piscine nate nel mare di Helsinki e nel bacino della Villette a Parigi sono fenomeni in superficie. La portata sociale è profonda: dalla qualità delle acque dipende la nostra qualità di vita; dalla qualità del nostro rapporto con fiumi, laghi, mari o l’oceano (risorsa studiata qualche anno fa dal libro Blue Urbanism) dipendono i valori immobiliari, l’attrattività, le nostre abitudini. Lo dimostrano ovunque il successo delle rive ciclabili e i mille piani per curare le sponde, fino alla recente volontà parigina di rendere balneabile la Senna. L’orizzonte ultimo è la resilienza: da una convivenza migliore con l’acqua passa il futuro stesso del paesaggio urbano.
Il miglior modo di coinvolgere i cittadini e incoraggiarli ad adottare nuovi comportamenti? Per gioco — e non solo a premi.
Sempre più progetti si confrontano con l’esigenza di incoraggiare cambiamenti a lungo termine nei comportamenti dei cittadini, riscoprendo la dimensione ludica come strumento di coinvolgimento. Incentivare gli utenti attraverso sistemi di premi è una delle strategie chiave di progetti come Sharing Cities dell’agenzia britannica Connected Places Catapult, che mira a incoraggiare abitudini di trasporto urbano più sostenibili, “gamificando” i servizi esistenti di mobilità condivisa.
Ma la gamification può andare ben oltre le semplici dinamiche basate sui reward — la cui efficacia è stata spesso messa in dubbio. Non solo con narrazioni coinvolgenti, ma anche creando esperienze interattive e collettive, che rendano i cittadini protagonisti dei processi di trasformazione urbana.
Housing asylum-seekers and newcomers is a challenge for the cities around the world. Innovative projects cope with humanitarian crisis, mass accommodation and integration needs.
Chiamato a raccontare le frontiere della disciplina, il padiglione tedesco all’ultima Biennale ha indagato il rapporto fra architettura e accoglienza. Il Deutsches Architekturmuseum ha raccolto i migliori esempi di housing per rifugiati, strutture pensate per rispondere rapidamente ai bisogni dei migranti con soluzioni originali nel disegno o negli arredi.
Da una prospettiva diversa si sono concentrati sulla stessa sfida —ospitare con dignità i nuovi arrivati— grandi brand e organizzazioni. Ikea Foundation ha prodotto kit pieghevoli per costruire casette in campi UNHCR, premiate come Best Design of the Year (Design Museum di Londra). More Than Shelters propone tende progettate specificamente per le aree di crisi umanitaria.
Per le famiglie italiane non sarebbe nulla di nuovo: vivere con i nonni o averli vicino casa è consuetudine per molti. Non negli Stati Uniti, che ha modelli sociali differenti e che la pandemia mette oggi alla prova.
Installare unità abitative in cortile, un po’ guest house, un po’ cabin prefabbricate, più o meno tech e di lusso, permette ai più anziani di evitare case di riposo o strutture di cura, senza rinunce a privacy e indipendenza. Una soluzione per ripensare l’assistenza dei genitori, che passa dal real estate.
Meeting the eye is just a part of the task of a comprehensive urban design: noises and sounds, taste, touch, and smell are key in contemporary projects.
Dai primi flâneur in avanti l’esperienza urbana si fonda sulla sinestesia. Coinvolgere tutti i sensi costringe progettisti e city-maker a un cambio di scala, dal generale al personale, con un’attenzione maggiore ai dettagli dei luoghi. Nel caso del futuro waterfront di Seattle, piano per riappropriarsi finalmente dell’affaccio lungo la baia, significa curare le specie vegetali delle terrazze, cancellare il rumore del traffico per riascoltare l’acqua e la popolazione di uccelli. È molto più rispetto a riaprire una vista.
Ai piedi dei grattacieli, la competizione fra città si sposta sulla sfera personale attraverso un’urbanistica dei sensi.
Viaggi in calo, smart working in esplosione. Così case e luoghi abitualmente rivolti al tempo libero si interrogano su come presentarsi al meglio. La piattaforma per eccellenza, Airbnb, ha segnalato l’incremento degli ospiti che presentano i propri spazi come adatti al lavoro a distanza. Da seconde case in montagna a studi d’alta quota?
Il caso più estremo arrivava da Las Vegas: MGM Resorts ha promosso le sue suite come uffici extralusso con “sfondi degni di nota per i meeting” e room service invece della mensa — pacchetto efficacemente chiamato Viva Las Office. Il mercato, stravolto, degli spazi di lavoro ci lascia con una domanda: cosa accadrà invece agli spazi nati come uffici?
Innovative commercial spaces are blending into the city and their communities, proving the necessity for retail models to pursue authenticity.
La contemporaneità si esprime spesso nella capacità di unire due opposti. Esplorare la natura incontaminata in piena sicurezza. Provare in viaggio esperienze da veri locals. Consumare prodotti di qualità a prezzo ottimo.
Una delle possibili contrapposizioni è combinare il paesaggio urbano con l’attività outdoor per eccellenza, il campeggio. Fra i primi esperimenti non soltanto progetti estemporanei: il tetto del St. Jerome’s Hotel accoglie gli ospiti fra i palazzi di Melbourne. Nell’estate del 2017, la prima edizione di Camp the Night ad Amsterdam ha provato diverse superfici, compresi il campo dello stadio e zattere sui canali, e gli organizzatori cercano altre città per replicare.
Si aprono nuovi spazi di competizione, nel tempo del lavoro a distanza. Da quando non è necessario risiedere nel luogo dove si lavora, le città studiano nuovi mezzi per reclutare residenti fra gli smart worker — categoria che può diventare maggioranza assoluta nel giro di pochi anni.
È il caso di Tulsa, in Oklahoma, che offre 10.000 dollari in contanti, più supporto nel trovare casa e inserirsi nella comunità, ai remote worker che la scelgono come luogo di vita. In Italia muove intanto i primi passi l’idea del GlocalWorking, modello che intende attirare lavoratori digitali nei piccoli borghi del paese per riequilibrare il divario con i grandi centri.
È il caso di MakeSpace, società di New York, che promette risparmi sui costi tramite una gestione flessibile delle dimensioni del proprio magazzino, assegnando ad ogni articolo un codice a barre che viene scannerizzato ad ogni passo del trasporto verso e fuori dal magazzino. Oppure di Binstro, società texana che sta rivoluzionando il modo in cui le persone conservano le loro cose: il sistema di stoccaggio by-the-bin permette a chiunque di conservare qualsiasi quantità di oggetti a un prezzo accessibile, senza mai lasciare la propria casa.
I sistemi di pagamento e il curbside pickup, il ritiro degli acquisti online fuori dai negozi, sono stati primi passi. La prossima generazione di servizi proporrà sistemi di consegna sempre più sofisticati, capaci di raggiungere i clienti nei propri spostamenti.
E all’interno dei negozi? Sistemi di AI sono già in grado di registrare via telecamere tutto ciò che mettiamo in carrello, per ridurre al massimo code e contatti all’uscita.
Un nuovo metodo promette di rivoluzionare il tradizionale indirizzamento stradale e diventare il nuovo standard globale: comunicare qualsiasi posizione precisa usando solo tre parole. Dall’ingresso per una consegna a un punto di prelievo per il taxi, un sentiero remoto o un parcheggio con una vista perfetta.
Oggi è più chiaro: per affrontare seriamente la sfida della sostenibilità occorre ripensare il modo in cui l’energia viene prodotta e distribuita.
Decarbonizzazione, indipendenza dal mercato delle terre rare, le tante implicazioni sociali, economiche e climatiche: la questione energetica è al centro di una faccenda globale.
Di fronte a uno scenario di questo tipo la ricerca e l’innovazione tecnologica offrono soluzioni all’avanguardia.
Da innovativi sistemi di stoccaggio delle energie rinnovabili, a nuove prospettive per la mobilità elettrica che propongono il riutilizzo —e non la produzione— come strumento per ridurre l’impatto ambientale e tutelare il pianeta nell’immediato futuro.
Privately Owned Public Open Spaces are more and more common in newly developed areas. But their rise is raising the debate on their legitimacy as well.
Avere zone di proprietà privata accessibili al pubblico non è un fatto recente — già nel Medioevo le Inns of Court, sedi degli ordini di avvocati nella City of London, facevano da antesignane alle piazze di nuova costruzione che rimangono sotto l’autorità delle società che le hanno realizzate. Sei secoli dopo nella stessa città, il Guardian ha lanciato però l’allarme sulla diffusione crescente di questi spazi “pseudo-pubblici”: quali garanzie per i cittadini, in luoghi d’incontro con sicurezza privata e regole non trasparenti?
In alcune città i POPOS sono un fenomeno attuale, come per Porta Nuova e City Life a Milano. In altre, come in Downtown San Francisco, fanno parte delle abitudini grazie a una legge che ha permesso a edifici già esistenti di aprire tetti e terrazze.
Sembra fantascienza, eppure è bene prepararsi. Anche in Italia, dove nel 2019 è partito il progetto ministeriale Innovazione e Mobilità, che incentiva lo sviluppo di soluzioni di trasporto intermodale terra-aria. Se il cielo aprisse nuove vie, le strade tornerebbero più libere?
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